Il sole, alzandosi, si fece molto caldo, trasformando quella giornata di inizio primavera in una splendida giornata assolata. I fiori erano sbocciati da poco trasformando i dolci pendii in tavolozze multicolore. Sui rami degli alberi le prime gemme si accingevano a dare alla luce il verde tesoro che celavano al proprio interno.
Tutto questo nella giornata appena iniziata con la scomparsa di centinaia di loro compagni d’arme. <Il sole ci sta prendendo per il culo…> sentenziò Tagor.
Avvicinandosi al forte nemico, constatarono di persona che sulle palizzate non c’era nessuno. Qualcosa gli diceva che la stessa cosa successa al loro campo, aveva avuto effetto anche su quel forte. Cionondimeno scavalcarono le mura in silenzio, aspettandosi un’imboscata. Invece niente. Silenzio. Un silenzio se possibile ancora più cupo che a valle. Non si sentiva neanche il cinguettare di un uccellino e la luce del sole pareva smorzata lì sopra.
Faticarono ad aprire la grande porta di quercia che dava accesso al salone principale, ma alla fine riuscirono ad entrare.
“Al…”
<Avete sentito?> chiese Tagor.
Gli altri si fermarono, tesero l’orecchio, ma non udendo nulla fecero cenno di no con la testa.
“Al…” Di nuovo quel debole sussurro, ma questa volta Tagor non disse nulla.
Si udì improvvisamente un forte rumore provenire dalle loro spalle, la porta di quercia si era chiusa dietro di loro, oscurando del tutto la visuale, quando Murdock illuminò la sala rischiarandola con la propria magia, di Tagor non c’era più traccia, ma videro per qualche istante solo un debole refolo di nebbia. La porta si riaprì di schianto da sola, con un rumore ancora più forte di quando si era chiusa pochi attimi prima. Sulla soglia, controluce, si stagliarono delle ombre vagamente umanoidi. I dettagli delle loro forme si fecero più nitidi una volta entrati nella sala; era come se qualcuno o qualcosa avesse scomposto decine di cadaveri umani e li avesse poi ricomposti alla cieca o, peggio, in preda ad un macabro umorismo nero.
Angreenwolf stese la prima creatura con un potente pugno sulla testa posta di sbieco, ma un essere fatto di sole braccia gli si avvinghiò alle caviglie, riuscì a liberarsi grazie alla lama rapida di Sekor che calò dall’alto. Murdock iniziò ad attingere alla magia arcana trasformandola in dardi di fuoco che saettavano dalle sue mani verso quelle obbrobriose creature. Ma erano tante, e continuavano a sciamare dalla porta ormai divelta.
“Al…” Una nebbia scura circondava Tagor “…en…” il pavimento sembrava ricoperto da un basso strato di acqua che scorreva ai suoi piedi “…tis…” quel sussurro sempre più forte sembrava provenire da ogni direzione “…sar!” Improvvisamente silenzio, tutto si fermò, la nebbia smise di vorticare e l’acqua di scorrere. Un’ombra più scura della notte stessa emerse dalla nebbia. “Alentissar, nostro Signore, ti stavamo aspettando”. Di nuovo, quel rumore che sembrava provenire da ogni dove.
Sekor, Angreenwolf e Murdock combattevano con furia contro quegli abomini, Angrinone faceva roteare un pesante bastone di legno sopra la propria testa, tenendo a distanza quelle creature, Sekor trafiggeva chi si avvicinava troppo, mentre Murdok scagliava i suoi dardi di fuoco sui mostri che varcavano la soglia. Ma gli obbrobri continuavano ad entrare e presto la stanchezza si impadronì dei nostri eroi, soprattutto le braccia di Angreen e di Sekor diventavano più pesanti mano a mano che lo scontro proseguiva, un attimo di distrazione ed i due guerrieri in prima linea furono atterrati da un’unica zampata. Vedendo i compagni a terra, la magia del fuoco di Murdock sembrò pervadergli l’anima, gli occhi iniziarono a brillargli di una fiamma intensa, il fuoco che scaturiva dalle sue mani si propagò lungo tutto il suo corpo, avvolgendolo in una lucente aura ardente, i suoi dardi si trasformarono in palle di fuoco che incenerivano senza via di scampo chiunque colpissero, in breve la grande sala della roccaforte fu sgombra di nemici. Ma la stessa fiamma che gli aveva dato il potere di sterminare i suoi nemici, l’aveva consumato, privandolo di ogni energia. Murdock si accasciò a terra, a breve distanza dai corpi dei suoi amici.
La vista di Tagor cercò di penetrare quell’ombra densa, ma troppo tardi vide partire fulmineo un tentacolo di ombra che lo colpì in piena fronte. Si ritrovò nella piazza di un villaggio in fiamme, circondato dalle urla degli abitanti che cadevano come mosche, delle ombre umane scaturivano da un’ombra bluastra al centro della piazza, inseguendo lentamente le persone che tentavano di scappare, tentacoli scuri saettavano ovunque uccidendo sul colpo chiunque colpissero. Con orrore Tagor si rese conto che al centro di quell’ombra c’era lui, era lui che uccideva senza remore gli abitanti di quel villaggio. <Nooooo!> un urlò di diniego bloccò quella scena, cristallizzando tutto in un attimo di terrore e di morte <Non posso essere io!>. “L’oscurità ti attende” di nuovo quel sussurro “L’oscurità ti consumerà, attraverso te arriverà la nostra vittoria, Alentissar”. <Io… non… posso…> “Cederai, o perirai… ora!” Tagor si ritrovò nuovamente circondato dalla nebbia, al cospetto dell’ombra scura, in ginocchio, il tentacolo viscido con l’estremità ancora conficcata nella fronte che lo spingeva verso terra. Sotto quella forza si sgretolò, andò in frantumi, riverso sul pavimento mentre le lacrime si perdevano in mezzo all’acqua putrida che gli scorreva attorno. A guardarlo così, aveva la solitudine, perfetta, di ciò che si è perduto. E con la calma di cui solo certi vinti sono capaci si ricompose, letteralmente, non si sa come ci riuscì, ma si ricompose. Non poteva essere stato lui ad uccidere quelle persone, lui sognava di diventare un guaritore, curare e fare del bene, non avrebbe mai ceduto. Mai. <Non cederò.> Lentamente, un muscolo alla volta, rialzò la fronte, sfidando quell’ombra scura che lo voleva suo araldo trasformandolo in chissà cosa. <Io non cederò.> Si rialzò in piedi, e non si fermò, il suo corpo si innalzò di una ventina di centimetri da terra, un’ondata di luce si propagò dal suo corpo verso l’esterno, investendo la nebbia e dissolvendo quella creatura fatta di ombra. Ancora fluttuando si ritrovò nella sala dove giacevano i corpi in fin di vita dei suoi compagni, distendendo le braccia ed alzando le mani con i palmi rivolti verso l’alto, intonò una preghiera che si riversò sui suoi amici curandoli di tutte le ferite e donandogli forza.
Uscirono dalla roccaforte con il sole ancora alto nel cielo, sconvolti, ma ancora vivi. Si allontanarono in fretta, ma un flebile sussurro raggiunse le orecchie di Tagor: “Cederai…”.
Arrivarono a Whiterbark che era già notte, era in corso una festa. Vogliosi di dimenticare gli strani accadimenti di quel giorno, si diedero alle danze, bevvero a più non posso, conobbero gente. Murdock fece quasi scoppiare una rissa, ma l’intervento tempestivo di Sekor trasformò il tutto in un altro giro di bevute. Si ritirarono a notte inoltrata in una stanza della locanda principale, dove si scambiarono ubriachi le ultime confidenze del giorno.
<Cosa farete adesso?>. Murdock confidò di voler raggiungere una donna lontana, conosciuta da poco, ma che in quei pochi attimi passati insieme aveva risvegliato tutto il suo romanticismo. Sekor aveva bisogno di mettere ordine nella sua vita. Angrinone aveva bisogno di mettere ordine nel suo cuore. Tagor necessitava di risposte.
La mattina dopo si salutarono, si scambiarono abbracci e si promisero di rivedersi presto.
“Ai compagni di una notte”
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